Riportiamo con piacere l'articolo del 10/06/2018 pubblicato dal quotidiano Il Tirreno, che riporta una bella storia di vita e solidarietà:

Oltre al servizio in Misericordia a giorni inizieranno il servizio civile regionale La sera studiano al Giorgi e al Pertini con l’obiettivo di prendere il diploma

di Marco Tirinnanzi

LUCCA. Il bene genera sempre bene. E in questa storia, più di ogni altra, un modo di dire spesso abusato trova quella che è la sua declinazione naturale. Boakye Yiadom Richard, ghanese, e Djitte Hassane originario del Senegal, sono due "salvati", diventati a loro volta salvatori. Richiedenti asilo (il primo ha 20 anni, Djitte invece ne ha 23) scappati dalla furia della guerra e dall'intolleranza religiosa, hanno trovato nella Misericordia di Lucca un nido in cui "curare" le ferite dell'animo. Da lì è nata la voglia di mettere a disposizione tempo e spazio per dedicarsi ai più bisognosi.

Arrivati nella tensostruttura della Croce Rossa senza affatto conoscersi, ma a distanza di poco tempo l'uno dall'altro - Djitte il 26 ottobre 2016 e Boakye tre giorni dopo - a settembre del 2017 hanno iniziato i corsi serali ai due professionali di Lucca, il Giorgi e il Pertini: «vanno bene a scuola, passano le giornate a studiare in biblioteca e Djitte è un genio della matematica, materia in cui eccelle con parecchi 9» dice con un filo d'orgoglio la mediatrice culturale Eralda Cerepi. Sognano un futuro in Italia, nella città delle Mura, e magari un domani, potersi ricongiungere alle loro famiglie, a Lucca.

«Qui mi sento a casa - ci spiega Boakye -, anche se tutta la mia famiglia è in Ghana: mio padre è morto, e ho due sorelle piccole. Lo so che è difficile, ma mi piacerebbe potessero raggiungermi. Dall'Africa sono dovuto scappare perchè ho subito persecuzioni a causa della mia religione (è metodista, contro una buona parte della popolazione che pratica l'animismo, ndr)». Per questa ragione ha il permesso umanitario, valido due anni, per intolleranza religiosa. Specie all'inizio però non sono mancati i momenti difficili: « primi tempi a Lucca, quando ancora non avevo tanta dimestichezza con l'italiano, la gente per strada mi guardava torvo e non mi rispondeva con facilità quando chiedevo informazioni. Preferivano girarsi dall'altra parte. Poi col tempo ho iniziato a masticare le prime parole, e tante persone mi hanno dimostrato la loro solidarietà».

Anche Djitte elegge Lucca a città del cuore, e spera di poterci vivere a lungo: «Ho deciso di venir via dall'Africa perchè la mia terra è falcidiata spesso da episodi di guerriglia e anche la fame a volte, ha messo in ginocchio tanti senegalesi. Ho attraversato a bordo di un camion il Mali durante un viaggio sfiancante in mezzo agli orrori, e sono giunto con un barcone dalla Libia ad Agrigento, e dalla Sicilia fino a Lucca. A scuola mi trovo bene e in occasione della chiusura dell'anno, i professori mi hanno invitato a cucinare per tutti un sacco di piatti africani».

Dal 2017 inizia anche la loro esperienza alla Misericordia di Lucca dove i ragazzi vivono tuttora, negli alloggi al primo piano: accompagnare gli anziani, servire i pasti. Si fanno trovare sempre pronti, senza mai tirarsi indietro. In Africa tuttavia avevano conseguito un diploma, e da lì vorrebbero ripartire. «Ho studiato elettrotecnica - racconta Boakye -, e spero a breve, coi corsi serali, di poter diventare un elettricista a tutti gli effetti». Djitte invece vuole alzare l'asticella, e puntare un po' più in alto. «Ho il diploma in economia aziendale, e appena avrò l'equipollente italiano, mi piacerebbe iscrivermi all'università, magari alla facoltà di matematica, la mia materia preferita». Le ore passate in Misericordia però non colmano del tutto quella voglia di darsi agli altri, e ricambiare quell'aiuto che ha restituito ai ragazzi la dignità della vita. A giorni infatti inizia per loro il servizio civile regionale. «Una scelta che viene da dentro - ci spiegano in coro -. Un grazie speciale poi a Gianluca Urbano, che qui alla Misericordia, ci ha permesso di sentirci ogni giorno come a casa, senza alcuna discriminazione». Sì perchè in fondo, come ci ricorda la mediatrice culturale «si è neri solo quando te lo fa notare qualcun'altro»